Gli esseri umani sono stati definiti organismi olobionti cioè entità biologiche risultanti dalla somma di contributi diversi: cellule umane e cellule microbiche, quest’ultime denominate microbiota e i relativi geni microbioma. L’ologenoma è l’insieme di genoma più microbioma. Il microbiota è rappresentato dall’insieme dei microrganismi (batteri, archei, eucarioti unicellulari ecc.) che convivono con l’organismo umano senza danneggiarlo (saprofiti) in condizioni di normale funzionamento del sistema immunitario. Fino a poco tempo fa la comunità scientifica ha sostenuto che, dal punto di vista numerico, gli organismi unicellulari che colonizzano l’Homo sapiens fossero in netta in maggioranza rispetto alle cellule umane: circa 10.000 miliardi di cellule umane contro i circa 100.000 miliardi di cellule microbiche nel solo intestino (rapporto 1:10), Secondo un recente studio (Sender R., Fuchs S. et al, 2016), in una persona adulta di 70 Kg, il numero di cellule umane è dell’ordine di 3.0x1013 mentre i batteri presenti sono 3.8x1013 , con una massa totale di 0.2 Kg (rapporto ca. 1:1) ossia il nr. di cellule umane è ca. uguale al nr. di cellule microbiotiche. Il microbiota umano è composto da una serie di ecosistemi presenti in varie regioni del corpo ognuno costituito da una o più comunità di diverse popolazioni di specie di organismi viventi che interagiscono reciprocamente tra loro e l’intero organismo realizzando un equilibrio dinamico. 316 milioni di geni complementare ai 40.000 del genoma umano con il quale si integrano realizzando un sinergismo mutualistico. Esiste una continua interazione tra noi e il microbioma che può fortemente influenzare il nostro stato di salute. Vari ricercatori i ritengono che questi microrganismi possiedano una tale influenza sulla nostra fisiologia che dovrebbero essere considerati parte integrante del stesso genoma. Di certo, comunque lo si voglia definire, molto della nostra fisiologia e della nostra salute dipende dal microbiota o microbioma, data l’impressionante quantità di sostanze da esso prodotte e/o metabolizzate. Il microbiota colonizza praticamente ogni superficie dell’organismo umano in qualche modo in contatto con l’ambiente esterno: pelle (strati esterni e profondi), vie aeree, canale alimentare, vie urinarie. > L’apparato di gran lunga più ampiamente colonizzato è quello digerente: si stima che il colon da solo contenga più del 70% del microbiota totale. Ciò si deve sia alla sua estensione (l'intestino tenue è lungo circa 4-5 metri con una superficie di circa 300 metri quadrati) sia perché rappresenta un ambiente ideale per la colonizzazione di microrganismi contenendo tutti i tipi di substrato utili per la loro sopravvivenza e crescita. La distribuzione e la composizione della microflora batterica è diversa nei diversi tratti del tubo gastroenterico. La carica microbica aumenta man mano che si avanza dallo stomaco verso il retto parallelamente alla componente anaerobica mentre diminuisce quella aerobica. Stomaco e duodeno sono relativamente poveri di germi, nell’intestino tenue il loro numero aumenta fino a raggiungere il massimo della colonizzazione, sia per numero sia per varietà, nel colon. Il tenue e le prime porzioni di colon sono colonizzate da specie batteriche aerobiche, nelle porzioni più distali del colon si trovano batteri anaerobi stretti o facoltativi che costituiscono la maggior parte del microbiota del sistema digerente. La flora batterica intestinale è quindi composta principalmente da microrganismi anaerobi obbligati (che vivono esclusivamente in ambienti privi di ossigeno) e in misura minore da anaerobi facoltativi (che possono vivere con e senza ossigeno) e aerobi (che vivono solo in presenza di ossigeno). A oggi ne sono state individuate ca. 35.000 specie diverse di cui le colonie più numerose sono rappresentate dalle specie Bacteriodetes e Firmicutes e, in misura minore, Actinobacteria, Fusobacteria e altre. Ogni individuo possiede una sua specifica “impronta digitale batterica”, cioè un proprio profilo di specie. Esiste tuttavia un core di almeno 57 specie batteriche che può essere considerato comune a tutti. Nonostante le differenze infatti, alcuni ceppi batterici sono comuni alla maggioranza dell’umanità: Lactobacillus, Bifidobacteria, Escherichia, Bacterioides, Eubacteria, Clostridium. Rispetto al genoma il microbioma risulta molto più dinamico, cambia da individuo a individuo e nello stesso individuo nel tempo continuando a evolvere in tutto il corso della vita in base ai cambiamenti che si susseguono nella composizione della flora batterica dovuti a numerosi fattori quali: tipo di parto e allattamento, antibiotici (in particolare nei nei primi 3 anni di vita), corredo genetico, alimentazione, età, patologie, terapie farmacologiche, situazione ormonale, stress, stile di vita, inquinanti ambientali, posizione geografica. Il microbiota è assente nel feto, poco prima della nascita alcune specie di microrganismi acidofili provenienti dalla flora batterica intestinale materna colonizzano l’intestino del feto ma la vera e propria colonizzazione batterica inizia solo dopo la nascita (microbiota precoce); il microbiota del figlio è legato alla madre in quanto questa sua parte iniziale resterà immutabile per tutta la vita. L’arricchimento del microbiota continua se il nascituro si allatta al seno. Il latte materno contiene una serie di oligosaccaridi del latte materno (HMO - Human Milk Oligosaccharides) che l’intestino del neonato non è in grado di metabolizzare e di cui si nutrono i batteri del suo intestino. Tali oligosaccaridi inoltre preparano il terreno per la successiva colonizzazione ad opera degli altri batteri intestinali che si verificherà con lo svezzamento. Tra questi i più importanti sono i Bacteroides che comprendono la maggior parte dei batteri che producono acidi grassi a catena corta (SCFA) a partire da fibre vegetali. Nei primi 4-36 mesi di vita, a seguito del contatto con i genitori, l’ambiente esterno e il cibo, il microbiota si sviluppa cambiando rapidamente. Ecco perché qualsiasi intervento sulla flora batterica in questa età, sia positivo sia negativo, assume un significato determinante in quanto lascia un segno indelebile su quello che sarà il microbiota dell’adulto (una specie di imprinting). A seguito del parto cesareo Il microbiota risulta molto più simile a quello della pelle della madre (presenza di Stafilococchi) ed è molto più facile che il bambino presenti immaturità del sistema immunitario e disturbi digestivi. Il microbiota di neonati partoriti con parto cesareo e/o di allattati artificialmente oltre ad apparire profondamente diverso impiega più tempo a stabilizzarsi; il microbioma acquisito diviene stabile a 1-2 anni. Esso arriva allo stato di massimo sviluppo tra i 20 ed i 40 anni di età per poi iniziare un lento processo di involuzione con il sopraggiungere della vecchiaia in cui il microbiota presenta bassa biodiversità, aumento dei Patobionti proinfiammatori e dei Batteri proteolitici (e del con conseguente fenomeno della putrefazione), diminuzione dei Batteri saccarolitici. Negli anziani diminuiscono i Bifidobatteri, aumentano i Staphylococcus, Enterobacteriacee, Bacteroides, Streptococcus, Clostridiu In genere i vari germi presentano funzioni diverse e complementari, anche batteri della stessa specie però-possono svolgere funzioni molto diverse. Addirittura all’interno della stessa specie possiamo ritrovare ceppi molto patogeni e ceppi assolutamente salutari, Un esempio interessante è l’Escherichia coli Nissle 1917: oltre a non essere patogeno, risulta essere l’unico in grado di contrastare direttamente ed efficacemente i numerosi ceppi patogeni della sua stessa specie.
Dal punto di vista metabolico, il microbiota svolge un importante ruolo nell’assimilazione dei carboidrati non digeribili (fibre vegetali: pectine, oligofruttosi, inulina, cellulosa, amido resistente e betaglucani) tramite la fermentazione operata dagli enzimi batterici da cui derivano acidi grassi a catena corta, quali acido acetico, propionico, valerico, isobutirrico e butirrico (oltre ai gas CO2, CH4, H2), che prevengono l’atrofia della mucosa e potrebbero avere effetti positivi nella prevenzione del cancro al colon. Studi recenti hanno evidenziato che gli acidi a catena corta, dopo essere stati assorbiti a livello intestinale, esercitano ruoli fisiologici anche nel fegato e nei tessuti extraepatici.
L’acido acetico, utilizzabile come substrato per lipogenesi e gluconeogenesi e come regolatori dell’introito e del metabolismo energetico (Lin et al. 2012), è un precursore del colesterolo e favorisce la produzione del colesterolo LDL. L’acido propionico annulla l’effetto ipercolesterolemizzante dell’acetato inibendo l’HMG-coenzima-A-sintetasi e l’HMG-coenzima-A-riduttasi.
Si è dimostrato che l’acido butirrico esercita diversi ruoli, sia a livello intestinale sia extra-intestinale, correlati in parte alla regolazione epigenetica dell'espressione genica (azione nutrigenomica):
Relativamente alle funzioni protettive del microbiota, si possomo distinguere dei meccanismi diretti e indiretti. I primi sono rappresentati dalla disposizione fisica delle cellule della muscosa, dalla produzione di sostanze microbicide o microstatiche (batteriocine, acidi grassi a catena corta, acido solfidrico, perossido di idrogeno) e di metaboliti tossici nonchè dalla deplezione di nutrienti essenziali.
Il termine MALT – Mucose Associated Lymphoid Tissue (tessuto linfoide associato alla mucosa) indica un tessuto linfoide diffuso a livello delle mucose dell’organismo (del tratto gastrointestinale e uro-genitale, tiroide, polmoni, occhi, pelle ecc.), organizzato non a formare un organo ma sotto forma di noduli e cellule isolate, il cui ruolo è assicurare una completa risposta immunitaria ossia sia umorale (linfociti B - anticorpi) sia cellulo-mediata (linfociti T) in risposta in seguito a stimoli antigenici locali e sistemici. Il MALT può essere schematizzato in vari comparti, fra essi il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue) ossia il tessuto linfoide associato all'intestino, assume una particolare importanza. Il GALT infatti ospita la maggior parte del sistema immunitario (80% in età pediatrica, 60-65% in età adulta. Una delle funzioni dinamiche del microbiota è lo sviluppo del sistema immunitario (innato e adattativo) e il mantenimento della tolleranza immunitaria. Uno sbilanciamento del microbiota, in particolare nei primi 1000 gg di vita (gravidanza e I e II anno di vita) ma anche dopo, può comportare infiammazioni croniche con produzione incontrollata di citochine (es. Interleuchina 6) in grado di provocare cambiamenti di umore e stress con conseguente ulteriore alterazione del microbiota. Lo sviluppo di questo “circolo vizioso” può determinare un’alterazione della mucosa, a livello delle giunzioni serrate: aumento della permeabilità intestinale, ulteriore attivazione del GALT causato dall’ingresso di elementi estranei. Questa infiammazione può col tempo trasferirsi a livello sistemico fino a indurre patologie autoimmuni. Influenza asse cervello) – intestino (si può alterare barriera emato-encefalica. Di fatto esiste quindi un’influenza reciproca dell’asse cervello – intestino. Lo stesso meccanismi coinvolge l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con possibili conseguenze quali, stati ansiosi, depressivi, alterazioni delle attività biologiche di tiroide, ormoni sessuali ecc. È ormai noto che la sola predisposizione genetica non è sufficiente allo sviluppo di malattia ma è condizionata da fattori ambientali (esposoma). In questa ottica il microbioma potrebbe agire da “trasduttore” ambientale. ll razionale di questa ipotesi si basa proprio sull’azione di modulazione del GALT da parte del microbioma. La ricerca in questo campo incontra la difficoltà di raccogliere campioni rappresentativi e di creare modelli di laboratorio rappresentativi dell’ambiente intestinale. Uno dei progetti più importanti volti allo studio del microbiota è lo Human Microbiome Project (HMP).
Benché non vi siano parametri per definire le caratteristiche di un microbiota umano “normal healthy”, studi osservazionali mostrano che alterazioni quali-quantitative del microbiota sono associate a varie malattie croniche non trasmissibili.
Alterazioni del microbiota (es. in animali germ free) sono state chiaramente correlate a squilibri nella risposta immunitaria e in disturbi comportamentali. La rottura della relazione simbiotica tra microbiota e tratto gastrointestinale, legata a “dismicrobismo” o a trattamenti antibiotici prolungati, perturba le funzioni dell’ospite e in alcuni casi, provoca la manifestazione di malattie gravi e conclamate come le MICI (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) e la colite da Clostridium difficile. Ulteriori promettenti indagini stanno riguardando il possibile coinvolgimento del microbiota in patologie nervose come morbo di Parkinson, sclerosi multipla, demenze, sindrome da fatica cronica, ADHD (sindrome iperattività bimbi), autismo, encefalopatie varie. I batteri commensali possono influenzare l’espressione di geni che controllano e regolano la funzione del Sistema Nervoso. Essi inoltre sono in grado di influenzare le cellule enteroendocrine che secernono il triptofano.
Tutto ciò apre ovviamente interrogativi su tanti farmaci che si prescrivono forse con troppa leggerezza, ad es. gli antibiotici. La somministrazione di antibiotici a livello sperimentale solleva pesanti interrogativi sulle possibili conseguenze anche sulla specie umana. Come se non bastasse, un recente studio pubblicato su Nature nel 2013 da Lisa Maier e coll. “Blooming in the gut: how dysbiosis might contribute to pathogen evolution”, segnalerebbe come almeno il 25 % dei farmaci impiegati in terapia (antipsicotici e antidepressivi, antiulcera, chemioterapici) possa agire sul microbiota umano con almeno tre spiacevoli conseguenze:
La dieta, sia a breve sia a lungo termine, può modificare il microbioma selezionando specifiche famiglie batteriche a scapito di altre. Solo un intervento dietetico di lunga durata permette un vero e proprio cambiamento di stato del microbiota.
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Pagina aggiornata il 08/12/2020 |
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